top of page

Tra fortuna e normativa: le regole del gioco

Un articolo di Gustavo Campagnoli e Letizia Garbelli

Revisione di Riccardo Moggio



Introduzione

“SuperEnalotto, vinti 90 milioni a Riva del Garda”, questa è la notizia di prima pagina di alcuni giorni fa sui principali quotidiani nazionali. Chi non sogna di essere protagonista di queste vittorie fantasmagoriche?

Il gioco d’azzardo, nelle sue innumerevoli sfaccettature, è da sempre uno dei concetti di rischio più apprezzati da parte degli italiani e dalle persone di tutto il mondo. Ma ci siamo mai chiesti come il diritto regoli questa pratica? Soprattutto, si tratta di una pratica sempre oltre i confini della legge?  

Il contesto giuridico italiano riguardo al gioco è senz’altro denso, tra parametri civili, penalistici e tributari. Numerosi interventi dello stato hanno contribuito a sviluppare la legislazione in merito al gioco, a volte anche per perseguire un puro vantaggio economico.


Che cos'è il gioco d'azzardo? Il panorama civilistico...

Il gioco d’azzardo, regolato dal Codice civile come “giuoco e scommessa”, è uno di quei fenomeni, insieme alle assicurazioni, contraddistinti dal rischio, propriamente detto dal latino alea. Infatti, questi contratti sono definiti “aleatori” per loro natura, poiché “non è noto né certo il rapporto tra l'entità del vantaggio e quella del rischio. Ciò in quanto l'esistenza delle prestazioni o la loro entità dipende da un evento del tutto indipendente dalla volontà delle parti”.


Il Codice del 1942 precisa all’articolo 1933: “non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di un giuoco o di una scommessa non proibiti”. Il debito da gioco d’azzardo viene esplicitamente definito come una obbligazione naturale. Peculiarità di questo tipo di obbligazione è il fatto che il creditore non abbia azione per riscuotere il suo credito. Infatti, solo se il debitore adempie spontaneamente quest’ultimo non potrà richiedere la ripetizione dell’indebito. Quindi, questa è la tutela minima accordata al creditore per un contratto di gioco ex articolo 1933. La tutela non è accordata se il debitore sia incapace di intendere o di volere.


Un diffuso contratto di gioco è quello che prende il nome di “contratto di lotteria”. Questo accordo prevede l’obbligazione dell’organizzatore, in cambio della posta del partecipante, ad una controprestazione che è però subordinata alla condizione di un determinato esito del sorteggio o estrazione. Giochi derivanti da questo contratto sono noti come “Lotto” e vedono il biglietto come unico documento provante il contratto e anche dell’accettazione delle condizioni, oltre che della posta.  

L’articolo 1935 del Codice civile recita: “Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate”. Ne consegue la deroga dell’articolo 1933, permettendo quindi all’organizzatore di ricevere tutela tramite azione per il proprio credito, rendendo l’obbligazione del contratto di gioco pari alle altre obbligazioni. Cosa ovvia è affermare che il lotto clandestino è estremamente proibito, in ogni sua forma e modo, come ad esempio le tombole. Infatti, in caso di gioco illecito, anche in caso di vincita, la lotteria non sarà autorizzata e il biglietto non conferirà alcun diritto. Quindi, non ci sarà possibilità di esperire azione legale per riscuotere l’ammontare della vincita o trattenere la somma pagata spontaneamente.

 

È fondamentale individuare nel contesto italiano quali siano i luoghi in cui si pratica il gioco d’azzardo nella piena legalità formale, di conseguenza derogando al suddetto articolo 1933. Il Regio Decreto Legislativo n. 636 del 27 aprile 1924 autorizza la pratica del gioco d’azzardo nelle cosiddette “case da gioco”, ossia i casinò.

Nel territorio italiano questi spazi autorizzati tramite legge speciale sono: Casino de la Vallée a Saint-Vincent, il Casinò di Sanremo, il Casinò di Venezia e il Casinò di Campione a Campione d'Italia.  Il numero è severamente basso rispetto a quello di altrettanti stati, sebbene il gioco sia un fenomeno dilagante nel nostro paese.  


...e il panorama penalistico

Ai sensi dell’articolo 718 del Codice penale, è previsto che “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, tiene un gioco d'azzardo o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a euro 206”. Sono previste ulteriori aggravanti qualora si istituisca o si tenga una casa da gioco, qualora il fatto venga posto in essere in un esercizio pubblico, qualora vengano impegnate poste rilevanti nel gioco o, infine, nell’ipotesi in cui prendano parte persone di età inferiore ai 18 anni. In secondo luogo, chiunque partecipi ad un gioco d’azzardo, pur non rientrando nella fattispecie di reato prevista dall’articolo 718, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con ammenda fino ad euro 516, in base all’arti. 720 c.p., con aumento di pena se il reo è colto in una casa di gioco ovvero in pubblico esercizio o qualora vengano impegnate poste rilevanti. Si sottolinea, in particolare, che la mera condotta non costituisce condizione sufficiente affinché la condanna venga comminata, ma si configura come condizione necessaria, in questa prospettiva, la flagranza di reato.  


Il gioco d'azzardo e i legami con lo Stato

La scommessa è vietata nei locali pubblici e anche in luoghi privati, ad esclusione delle suddette case da gioco e sulle navi da crociera oltre il limite delle 12 miglia nautiche (art. 5 comma 3 del DECRETO-LEGGE 30 dicembre 1997, n. 457). Il documento che va ad indicare, oltre a questi presupposti, le limitazioni al gioco è l’elenco dei giochi proibiti, ai sensi dell'articolo 110 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza). L’intervento dell’apparato pubblico è cruciale in questo contesto. Infatti, quest’ultimo nel corso del tempo ha sempre più permesso a numerosi giochi di diversa naturale di proliferare nel panorama italiano.


Ciò ha portato alla diffusione ed entrata nelle memorie popolari di noti giochi numerici a quota fissa come il Superenalotto (detto “lotto”), di intrattenimenti su base sportiva come Totocalcio e Totogol, per mezzo di apparecchiature elettroniche come VLT. Non bastano quest’ultimi, visti i coinvolgimenti di istituzioni pubbliche come RAI con il programma cult del “Festival di Sanremo”, o persino show internazionali come “Eurovision”, nella pubblicizzazione di prodotti d’azzardo.  Nonostante le evidenti analogie, giochi di questo tipo con premi in denaro non costituiscono, secondo la legge italiana, gioco d'azzardo e sono definiti semplicemente giochi con vincite in denaro. Infatti, per lo stato italiano il gioco d’azzardo è una voce di bilancio che contribuisce al 4% del PIL, diventando la terza impresa del paese.  


Nell’anno corrente, l’Agenzia dogane e monopoli (ADM) ha intensificato i controlli e l'ottimizzazione delle risorse per combattere il gioco d'azzardo illegale. L’elenco dei giochi proibiti è in costante aggiornamento da parte delle questure italiane, diffuse nelle province e regioni italiane, nelle quali sono presenti giochi recanti diverso nome e fantasia.  


La legislazione tributaria in materia di giochi e scommesse

La presenza dei divieti menzionati, a cui consegue la necessità dell’apposizione di specifiche autorizzazioni ai fini dell’esercizio del gioco d’azzardo, hanno portato alla conclusione che lo svolgimento delle dette attività si caratterizzi per un regime di monopolio legale, volto a mantenere il settore dei giochi e delle scommesse sotto un rigido controllo, anzitutto poiché si tratta di attività dotate di una forza economica significativa e cruciale per finanziare le spese pubbliche, mediante la devoluzione all’Erario di una parte dei corrispettivi che derivano dalle operazioni commerciali. Rientra, pertanto, nell’interesse del legislatore tributario disciplinare le attività di gioco. In particolare, il regime di monopolio fiscale, che connota la disciplina tributaria italiana in materia a livello storico, costituisce una forma di imposizione tipica a cui, tuttavia, in tempi più recenti, si sono aggiunte ulteriori tipologie fiscali che si discostano dal modello tipico in gradi diversi. Lo sviluppo di nuovi meccanismi tributari è correlato alla stratificazione asistematica dei provvedimenti legislativi in materia di gioco e scommesse, in mancanza di una previsione legislativa omogenea ed unitaria che determini disposizioni organizzative e strumentali, tese a regolare il processo di attuazione del prelievo fiscale in base a principi comuni ed omogenei.  


In questo quadro giuridico, il modello tributario archetipico previsto è disciplinato dal D.lgs 14 aprile 1948, n.581, che reca le disposizioni regolamentari ai fini dell’applicazione della disciplina dettata dal precedente D. lgs. N. 498\1928, in riferimento all’esercizio delle attività ludiche. In forza dei detti interventi legislativi e in base a quanto si evince dall’art. 1 del D. lgs. 14 aprile 1948, n. 496, l’ordinamento giuridico italiano prevede che l’organizzazione e l’esercizio di giochi e scommesse pertenga in via esclusiva allo Stato e agli enti pubblici specificatamente individuati.  


Come anticipato in precedenza, il quadro normativo italiano di riferimento, in materia tributaria, presenta un grado significativo di eterogeneità e asistematicità, in ragione in primo luogo dell’assenza di un testo unico che disciplini il settore dei giochi legali e, in seconda istanza, perché il prelievo fiscale acquisisce connotazioni differenti a seconda delle modalità strutturali ed organizzative di esercizio. Pertanto, è possibile asserire che manchi un vero e proprio coordinamento omogeneo, concreto e puntuale delle leggi speciali che disciplinano il gioco d’azzardo.  


Il decreto legislativo del 23 dicembre 1998, n.504, ha istituito la c.d. imposta unica, per le scommesse di qualsiasi tipologia e per i concorsi pronostici, contemplando un’aliquota variabile a seconda della tipologia di gioco, con base imponibile, per quanto riguarda i concorsi pronostici, pari alla somma che il concorrente corrisponde per il gioco, al netto di compensi ai ricevitori e di diritti fissi. In tema di scommesse, la base imponibile prevista ammonta, invece, alla somma giocata per la singola scommessa.  


Eventuale destinazione del gettito derivante dai giochi legali e conclusioni

Tra le ragioni che giustificano le restrizioni imposte sui giochi d’azzardo e sulle scommesse, che, a volte, sono state presentate ai fini della legittimazione dei monopoli imposti, rientrano i finanziamenti di attività a scopo civilistico, di beneficenza o di interesse pubblico.


In merito, la corte di giustizia dell’UE ha precisato che  esse non costituiscono le  ragio giustificative sostanziali, ma che rappresentano, bensì, una conseguenza accessoria, riportando che: “non è privo d’interesse il rilievo, pur non potendo essere considerato di per sé una giustificazione oggettiva, che i giochi di sorte e d’azzardo possono essere un mezzo di finanziamento rilevante per attività̀ di beneficenza o di interesse generale come le opere sociali, le opere caritatevoli, lo sport o la cultura”. Tuttavia, si ritiene che in determinate circostanze, addurre una finalità sociale come ragione giustificativa di una politica restrittiva possa determinare fenomeni di incitazione all’acquisto, che si traducono in conseguenze dannose a livello sociale.  


L’allocazione delle risorse che derivano dai giochi si configura, pertanto, come una questione che solleva diverse problematicità, in risposta alle quali si ritiene che la soluzione migliore risieda, talora, nel raccordare in via diretta la necessità di far sì che le risorse siano finalizzate a soddisfare fini sociali ed etici o scopi socialmente condivisi, con l’aspetto organizzativo dei giochi, latamente pubblico. In particolare, la Legge 23 dicembre 1996 n.662 prevede “misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, destinate al Ministero per i Beni e le Attività Culturali ai fini del recupero o delle conservazioni di beni storici e artistici che rientrino nel patrimonio culturale.  


Nonostante non sia corretto sostenere che  la destinazione del gettito, qualora sia  volta a soddisfare fini solidaristici o di utilità sociale,  costituisca la ragione giustificativa primaria dell’imposizione di regimi di monopolio, attraverso il prelievo fiscale è comunque possibile rispondere alle esigenze della collettività, contribuendo a finanziare iniziative a sostegno del principio di solidarietà, attraverso cui si giustifica, in maniera ulteriore,  la logica che governa il sistema monopolistico.



BIBLIOGRAFIA:

 

FONTI NORMATIVE:

Legge 23 dicembre 1996 n. 662

Codice penale

Codice civile

Legge 23 dicembre 1998, n.504

Art. 1 del D. lgs. 14 aprile 1948, n. 496.

D. lgs. N. 498\1928

D.lgs 14 aprile 1948, n.581

Regio Decreto Legislativo n. 636 del 27 aprile 1924

Art. 5 comma 3 del DECRETO-LEGGE 30 dicembre 1997, n. 457

Articolo 110 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza)

Comments


bottom of page