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Private Equity in Post-Covid Era

Articolo a cura di Pietro Zaccardo

Revisione a cura di Riccardo Moggio

 

Global market Overview 2024

Il mercato del private equity nel 2024 sta affrontando uno dei contesti più complessi degli ultimi anni, influenzato in modo significativo dal rapido aumento dei tassi d’interesse e dalla crescente pressione sulle risorse di liquidità. Le dinamiche macroeconomiche globali hanno comportato una forte contrazione dell'attività di dealmaking e un rallentamento della raccolta fondi, spingendo i gestori di fondi a ripensare le loro strategie operative e di investimento.

Nonostante queste sfide, il settore rimane resiliente, con un volume record di dry powder che attende di essere impiegato in nuove opportunità di mercato, non appena le condizioni economiche si stabilizzeranno.


Impatto del rialzo dei tassi d’interesse

Uno degli elementi chiave che ha influenzato il mercato del private equity nel 2023, e che continuerà a farlo nel 2024, è l’aumento aggressivo dei tassi d’interesse da parte delle principali banche centrali. La Federal Reserve ha aumentato i tassi di 525 punti base tra marzo 2022 e luglio 2023, portandoli a livelli che non si vedevano dagli anni '80.

Questo aumento ha influito direttamente sui costi di finanziamento delle operazioni di leveraged buyout (LBO), riducendo la disponibilità di debito a costi sostenibili per finanziare acquisizioni. I rendimenti sui prestiti leveraged hanno raggiunto l'11% negli Stati Uniti e il 9% in Europa, costringendo molti acquirenti a rivedere le loro strategie finanziarie.

A causa dell'aumento significativo dei costi di finanziamento, il rapporto medio DEBT/EBITDA per i leveraged buyout è sceso al livello più basso dal 2012, attestandosi a 5,9 volte l'EBITDA.


Una conseguenza diretta di ciò è stata la riduzione dell'utilizzo della leva finanziaria nelle nuove operazioni, un meccanismo tradizionalmente considerato uno dei principali driver per incrementare i rendimenti nelle transazioni di private equity.

Nonostante questo, i multipli di valutazione delle operazioni di buyout hanno registrato solo un calo marginale, con i multipli medi dell'EBITDA pari a 10,1 volte negli Stati Uniti e 10,8 volte in Europa. Ciò indica che, sebbene i costi del capitale siano aumentati, le valutazioni restano elevate, rendendo le acquisizioni più costose rispetto agli anni precedenti.


Rallentamento della raccolta fondi e pressione sul dry powder

Nel 2023, la raccolta fondi globale per il private equity ha subito un calo significativo, con una contrazione del 20% rispetto al 2022 e del 30% rispetto al picco del 2021.

Ciò nonostante, il settore ha continuato ad attrarre capitali significativi, con un totale di 1,2 trilioni di dollari raccolti nel 2023. Tuttavia, la maggior parte di questi capitali è stata concentrata nei fondi di dimensioni maggiori e con track record consolidati. I 20 maggiori fondi hanno infatti attratto oltre il 51% del capitale globale destinato ai buyout.


Parallelamente, il volume di dry powder — il capitale non ancora investito — ha raggiunto livelli record, con 3,9 trilioni di dollari di capitale disponibile a livello globale, di cui 1,2 trilioni di dollari solo per i fondi buyout. Questo accumulo di capitale non investito rappresenta una pressione crescente per i gestori, che sono spinti a trovare opportunità di investimento, soprattutto considerando che il 26% di questo cash flow è stato raccolto oltre quattro anni fa. La sfida, dunque, sarà identificare opportunità di mercato adeguate in un contesto caratterizzato da elevati costi di finanziamento e incertezza economica.


Declino dell’attività di dealmaking ed exit

Il calo dell'attività di dealmaking è stato una delle conseguenze più visibili dell’aumento dei tassi d’interesse e della riduzione della liquidità disponibile. Nel 2023, il valore globale delle operazioni di buyout è sceso del 37%, raggiungendo 438 miliardi di dollari, il valore più basso dal 2016. Anche il numero di transazioni ha subito una riduzione significativa, con una diminuzione del 20%, per un totale di circa 2.500 operazioni. Questo rallentamento ha colpito in modo uniforme tutte le regioni, con l’Europa e l’Asia-Pacifico che hanno registrato cali significativi nelle loro attività di dealmaking.


L’attività di exit ha seguito un trend simile, con una contrazione ancora più marcata. Il valore delle exit globali è sceso del 44%, raggiungendo 345 miliardi di dollari. Le exit tramite IPO sono state particolarmente deboli, contribuendo solo per il 3% del valore totale, mentre le vendite tra sponsor di private equity (sponsor-to-sponsor) sono diminuite del 47%​. Le condizioni attuali rendono difficile per i gestori di fondi dismettere le loro partecipazioni, creando un effetto di "congelamento" nel mercato delle exit e limitando la capacità dei fondi di restituire capitale agli investitori (LPs).


Innovazione nelle strategie di gestione e value creation

In risposta a queste sfide, i gestori sono chiamati a innovare le loro strategie di value creation. Con la riduzione della leva finanziaria e il rallentamento della multiple expansion, diviene essenziale concentrarsi su una crescita organica sostenibile e sull'efficienza operativa delle aziende in portafoglio. Gli investitori che riusciranno a migliorare l'EBITDA attraverso l’ottimizzazione dei processi aziendali, l’innovazione dei prodotti e l'efficacia della forza di vendita saranno in grado di attrarre potenziali acquirenti anche in questo contesto sfidante​.


Un altro aspetto cruciale sarà la gestione della liquidità all'interno del portafoglio. Con molti fondi che si trovano a gestire un numero crescente di non-liquid asset, diventa fondamentale esplorare soluzioni innovative per generare liquidità senza penalizzare gli investitori. Strumenti come i continuation funds, i prestiti garantiti da NAV e altre forme di rifinanziamento strutturato offrono opportunità per ristrutturare le posizioni senza dover necessariamente procedere ad un sell-off a condizioni sfavorevoli.


Legal trends in Private Equity industry

Nel settore del private equity, si osserva un'evoluzione anche delle tendenze legali, caratterizzate da una maggiore complessità e raffinatezza degli Share Purchase Agreements (SPA), in risposta alla crescente volatilità del mercato.

In particolare, si stima che in quasi la metà degli SPA stipulati nel corso dell’ultimo anno il corrispettivo ha assunto la forma di transazioni "all-cash" (in contrasto con accordi "all share" o combinati "cash-share"), con un aumento del 14% rispetto all'anno precedente. Questo riflette il fenomeno, già oggetto di analisi, per il quale i fondi continuano a detenere livelli record di dry powder.  


Un'area chiave di sviluppo è rappresentata dall'intensificarsi dell'utilizzo di meccanismi di escrow e holdback, i quali vengono sempre più frequentemente inclusi nelle transazioni per mitigare i rischi legati a responsabilità non dichiarate che potrebbero emergere post-deal. L’adozione di queste clausole è particolarmente rilevante in un buyer's market, dove gli acquirenti cercano di mantenere il massimo controllo sui fondi, garantendo una protezione contro eventuali problematiche nascoste. L'inclusione di un escrow o holdback conferisce all'acquirente un significativo potere negoziale, riducendo al contempo il rischio associato alle operazioni.


Per quanto concerne le tempistiche, durante la crisi pandemica, si è assistito ad un crescente senso di urgenza nelle operazioni di M&A, con transazioni che venivano chiuse a velocità sempre crescente. Storicamente, agli acquirenti venivano concessi tipicamente 90 giorni di exclusivity, ma durante il periodo 2020-2022 il processo di due diligence è stato ridotto a meno di 30 giorni in alcuni casi.

Nell’epoca post-Covid i mercati sono però tornati alla prassi vigente sino al 2020, con i periodi di due diligence che sono incrementati di quasi il 50% rispetto ai livelli del biennio 2021/2022, in seguito alle maggior dettaglio richiesto in termini legali, finanziari e di cybersecurity.


In parallelo, l'adozione della Representation and Warranty Insurance (RWI) ha continuato a espandersi nel mid-market, offrendo una protezione contrattuale estesa per le non-fundamental representations and warranties. La RWI, infatti, tipicamente estende il periodo di sopravvivenza a tre anni, indipendentemente dalla durata prevista nel contratto di acquisto. Questo strumento sta diventando un asset cruciale, poiché consente di ridurre le frizioni tra acquirenti e venditori durante le trattative, assicurando una maggiore copertura in caso di violazioni contrattuali.


Data l’incertezza economica che caratterizza il panorama globale odierno, si osserva inoltre una diffusa presenza di ern-out structure e di indemnity caps.

La prima clausola continua a rivestire un’importanza fondamentale, poiché riduce significativamente il rischio finanziario, in quanto implica che il prezzo totale di acquisto da pagare si basi sulle future prestazioni del venditore (in particolare relative ad EBITDA e revenues) piuttosto che esclusivamente sulle proiezioni.

Per quanto concerne invece la seconda tipologia menzionata,  si è notato un contestuale aumento, giungendo ad una media del 26,7% del valore complessivo delle transazioni (Total Enterprise Value) nel quarto trimestre del 2023, sempre in riflesso alla maggiore percezione dei rischi di mercato da parte degli acquirenti, che richiedono maggiori garanzie per tutelarsi contro le incertezze economiche e finanziarie che potrebbero aumentare la probabilità di infrazioni ed inadempimenti contrattuali.


Nel 2024, accanto alla crescente complessità degli Share Purchase Agreements (SPA) e alla diffusione della Representation and Warranty Insurance (RWI), un aspetto cruciale che emerge nel settore del private equity è la gestione delle spese legali.


Queste rappresentano una voce di costo rilevante per i fondi e, con l’aumento dei tassi, l’ottimizzazione del legal spend management è divenuta una priorità strategica. L’adozione di tecnologie avanzate per automatizzare la gestione delle spese legali sta trasformando il settore, offrendo alle aziende strumenti di monitoraggio e previsione dei costi con estrema precisione. Le soluzioni cloud-based forniscono una visibilità in tempo reale, riducendo il rischio di spese eccessive e migliorando la gestione delle consulenze esterne.


Inoltre, l’automazione facilita la conformità con le normative globali in continua evoluzione, fondamentale per le transazioni transfrontaliere. L’uso di strumenti di predictive analytics consente di individuare pattern e anomalie nelle spese legali, favorendo decisioni maggiormente consapevoli durante le negoziazioni con studi legali esterni. Questo approccio basato sui dati, integrato con modelli di tariffazione value-based, permette ai fondi di ottenere un maggiore controllo sui costi, trasformando la gestione legale da sfida a vantaggio competitivo.

 

Focus sulla situazione in Italia: Private equity e M&A nel 2024

Il contesto italiano del private equity e delle operazioni di fusione e acquisizione (M&A) nel 2024 si distingue per un connubio di resilienza e trasformazione, in un ambiente macroeconomico che resta sfidante, ma con alcuni segnali positivi.

Nonostante l’aumento dei tassi di interesse e la complessità legata al fund raising, il mercato italiano ha dimostrato una sorprendente tenuta, grazie anche al ruolo preminente degli investitori internazionali e alla forza dei settori chiave come luxury, industrial e TMT.

 

Crescita del valore delle operazioni

Durante il primo semestre del 2024, il mercato italiano ha registrato un aumento significativo del valore delle operazioni, segnando un incremento del 65% rispetto al medesimo periodo del 2023, con un totale di 12,8 miliardi di euro per le operazioni di private equity.

Nonostante una riduzione del numero di transazioni, da 123 a 113 deal, questo aumento del valore riflette la preferenza per operazioni di dimensioni più elevate, in linea con la tendenza europea.


L’aumento dei deal di alta fascia è stato trainato da importanti acquisizioni, come quella di una quota di maggioranza in Kiko Milano da parte del fondo statunitense L Catterton per 1,4 miliardi di euro, una delle principali operazioni del settore consumer in Italia.

Anche il settore telecommunication ha visto un’operazione rilevante, con l’acquisizione del ramo italiano di Vodafone da parte di Swisscom per  8 miliardi di euro, che ha rappresentato il 33% del valore delle operazioni nei primi due quarter del 2024.

 

Sector trends: PE gets luxurious

L'Italia si conferma un mercato strategico per gli investitori internazionali grazie ai suoi luxury brand e alle eccellenze industriali. Il settore dei beni di lusso, trainato dall’espansione globale dei marchi italiani e dal crescente interesse degli investitori privati, continua a generare operazioni di rilievo.

Oltre all’acquisizione di Kiko Milano, tra le altre operazioni significative è possibile annoverare la vendita di Reale Compagnia Italiana, proprietaria di un edificio iconico in Via Montenapoleone, posta in essere da Blackstone Property Partners Europe Lower Fund 2 in favore di Kering per 1,3 miliardi di euro, a riprova della crescente attenzione per la moda e l’accessoria italiana, considerati target privilegiati per acquisizioni strategiche​.

 

Il settore tecnologico, rappresentato in gran parte dai verticali TMT e digital transformation, ha visto il maggior valore di deal, pari al 49% del totale delle operazioni di private equity.

In particolare, rileva l’acquisizione da parte di KKR di uno stake pari al 4,5%, in FiberCop S.p.a., precedentemente controllata Tim, per un valore potenziale di 22 miliardi di euro comprensivi di ern-out legati a successiva rivendita.

Il deal ha sottolineato l’importanza della digital infrastructure come motore di crescita del paese, in linea con le politiche di sviluppo sostenute dal PNRR e dall’iniziativa Next Generation EU.

 

Sfide macroeconomiche e finanziarie

Nonostante questi risultati positivi, il contesto finanziario rimane complesso. La politica monetaria restrittiva attuata dalla Banca Centrale Europea, che ha mantenuto il tasso di riferimento al 3,75% nel primo semestre del 2024, ha reso più oneroso il finanziamento delle operazioni, aumentando il costo del debito e riducendo la leva finanziaria disponibile. Questo ha comportato un calo delle operazioni nel mid market, diminuite al 72% del totale, rispetto all’86% dell'anno precedente.

 

Il mercato ha anche risentito dell'impatto delle incertezze geopolitiche, con più dell’85% degli operatori che si aspettano effetti negativi derivanti dai conflitti internazionali per almeno i prossimi 12 mesi. Tuttavia, si constata un relativo ottimismo riguardo alla ristabilizzazione delle condizioni economiche generali, con il 33% degli operatori che prevede un outlook migliorativo per il secondo semestre del 2024.

 

Prospettive per il secondo semestre 2024

Per i restanti quarter del 2024, le aspettative degli operatori del private equity in Italia risultano quindi moderatamente ottimistiche. Il Deloitte PE Confidence Index ha raggiunto il livello più alto dal primo semestre del 2022, segnalando una maggiore fiducia nel mercato italiano.

Si prevede quindi che il numero di operazioni di private equity possa aumentare, con un totale atteso di 210 deal nel secondo semestre del 2024.

 

In termini di settori, il consumer e l’industrial rimarranno centrali, con numerose aziende italiane che si preparano per possibili acquisizioni. Il settore energy, trainato dalla transizione verso fonti rinnovabili, vedrà un incremento dell'attività, con obiettivi ambiziosi come il raggiungimento del 30% del fabbisogno energetico entro il 2030.

Anche l’introduzione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale avrà un impatto significativo, con il 70% degli operatori che prevede di adottare l’AI nei processi di selezione delle target.

 

Un altro trend rilevante riguarda le operazioni PTP (public-to-private) e PIPE (Private Investment in Public Equity), dove il private equity sta dimostrando un crescente interesse per acquisire società quotate. Questi strumenti permettono di sfruttare le opportunità offerte dal public market, con la flessibilità aggiunta delle PIPE, che consentono l’investimento diretto in equity pubblica da parte di fondi privati. In Italia, questo approccio sta guadagnando popolarità, specialmente in settori come TMT e infrastructure, considerati trainanti per il mercato.

 

Le operazioni di club deal sono anch'esse in crescita nel mercato italiano, con i fondi che collaborano sempre più spesso con investitori strategici per condividere il rischio e aumentare la capacità finanziaria. Questo trend è particolarmente visibile nei settori tipicamente capital intensive, nei quali le dimensioni e la complessità delle operazioni richiedono competenze e risorse su larga scala.

 

Sviluppi nel legal framework italiano

Il settore del private equity in Italia è caratterizzato da nuovi sviluppi legali che stanno modificando significativamente le modalità operative. Un primo elemento cruciale è, in continuità con i trends globali, l’aumento dell’utilizzo delle Warranties and Indemnities (W&I) Insurance, ormai essenziale per proteggere gli acquirenti da eventuali passività non dichiarate nelle operazioni di M&A. Questo strumento gioca un ruolo critico soprattutto nei buyout, dove i rischi associati alle operazioni sono più elevati, permettendo alle parti di concludere operazioni con maggiore tranquillità, riducendo la dipendenza dalle garanzie dirette del venditore.

 

Le clausole MAC (Material Adverse Change) stanno poi diventando sempre più frequenti negli SPA, data la volatilità economica. Queste clausole consentono alle parti di ritirarsi da una transazione qualora si verifichino cambiamenti significativi che alterano le condizioni della società target. La crescente incertezza economica rende l'inclusione di tali clausole un elemento fondamentale per proteggere gli acquirenti da scenari imprevisti.

 

Nel contesto delle minority transactions, l'inclusione di diritti di veto e supermajority provisions sta assumendo un ruolo sempre più rilevante. In situazioni in cui gli investitori non acquisiscono il controllo della società, queste disposizioni legali garantiscono agli investitori il potere di influenzare decisioni strategiche, preservando così il valore dell’investimento e offrendo un maggiore controllo sulle decisioni chiave, anche senza possedere la maggioranza.

 

Infine, si denota una crescente attenzione normativa, specialmente per quanto riguarda le operazioni antitrust e gli obblighi di notifica previsti per le acquisizioni in settori strategici. Le autorità italiane stanno rafforzando il controllo sulle operazioni di M&A, imponendo una maggiore conformità regolamentare. Questo aumento della supervisione obbliga i fondi a eseguire una due diligence legale molto più approfondita, specialmente per operazioni che coinvolgono settori critici come infrastructure e technology.

Nel complesso, l’evoluzione delle normative e delle tendenze legali sta spingendo il mercato italiano del private equity verso una maggiore sofisticazione contrattuale, richiedendo ai fondi di navigare con attenzione un ambiente sempre più complesso e strutturato.


Conclusione

Nel 2024, il settore del private equity si trova di fronte a un crocevia decisivo: da un lato, la stretta monetaria e l'aumento dei costi di finanziamento hanno drasticamente ridotto la capacità di sfruttare la leva finanziaria, spingendo i gestori verso modelli più operativi e meno dipendenti dalla multiple expasion.

Dall'altro, la presenza di ingenti risorse non ancora investite (dry powder) e il persistere di opportunità in settori strategici indicano che esiste un margine per generare valore, ma ciò richiederà un ripensamento delle strategie di investimento.

 

Il cambiamento strutturale che si delinea è la necessità di spostarsi da una mera espansione finanziaria a un approccio che privilegia l'ottimizzazione della performance operativa. In questo contesto, la capacità di migliorare l'EBITDA attraverso efficienze interne, la gestione attiva del portafoglio e la digitalizzazione dei processi diventeranno le leve fondamentali per generare rendimenti adeguati. La fase attuale impone una maggiore selettività degli investimenti e un focus sui settori che offrono resilienza, come TMT ed energy, adatti a beneficiare delle transizioni strutturali in atto.

Per i gestori di fondi, la sfida sarà mantenere la competitività in un contesto in cui i margini di espansione multipla sono limitati, e i rendimenti dovranno derivare sempre più da una creazione di valore interna e meno dipendenti dal debito.

La capacità di sfruttare tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, insieme all’adozione di criteri ESG, rappresenta non solo un trend di conformità, ma una reale opportunità per differenziarsi nel panorama competitivo.

 

In conclusione, il successo nei prossimi mesi dipenderà dalla capacità di adattarsi rapidamente a una nuova realtà di private equity più operativa, dove la value creation non sarà più dettata dalle dinamiche di mercato, ma dall’abilità di migliorare la gestione della governance delle aziende in portafoglio e dall’adozione di strategie innovative.

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