Executive Orders: Poteri e Limiti del Presidente Americano
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Aggiornamento: 2 giorni fa
Articolo a cura di Giulio Lorenzoni
Revisione a cura di Giovanni Buonanno

Introduzione
Nel corso dei primi 75 giorni del suo secondo mandato [i] il Presidente americano Donald J. Trump ha firmato 111 “executive orders” (EOs)[ii], più di due terzi di quelli sottoscritti dalla precedente amministrazione nel corso di quattro anni (162[iii]) e oltre la metà del numero introdotto dalla prima amministrazione Trump (220[iv]).
La portata di questi interventi è stata di un’ampiezza inaspettata: dall’ordine n. 14155 (“Withdrawing the United States From the World Health Organization”)[v] all’ordine esecutivo n. 14158[vi], mediante il quale è stato creato il “Department Of Government Efficiency”, un organo consultivo che ha, in meno di tre mesi dalla sua costituzione , suscitato grandi polemiche.
Ancora, lo stesso strumento è stato impiegato per affermare – ordinandone l’applicazione da parte dell’amministrazione statunitense[vii] – una controversa interpretazione della frase, contenuta nella § 1 del XIV Emendamento alla Costituzione americana riguardante l’attribuzione della cittadinanza, “born or naturalized in the United States, and subject to the jurisdiction thereof”[viii], che porterebbe ad escludere l’applicazione dello ius soli a individui nati sul suolo americano da madre “unlawfully present in the United States”[ix].
È evidente che questo strumento rappresenta, nell’arsenale presidenziale, uno dei pezzi di maggior calibro, che ha permesso al Presidente Trump di avere un grande impatto fin dal primo giorno del suo incarico. Per poter comprendere appieno lo strumento giuridico, non è però possibile prescindere da un’analisi delle prerogative del presidente americano nel panorama della separazione dei poteri, che la Costituzione d’oltreoceano enuclea nei suoi primi tre articoli e, in particolare, del rapporto che intercorre tra il supremo vertice dell’esecutivo e il Congresso negli affari interni.
L'executive order
L’ordine esecutivo può essere definito come una dichiarazione del Presidente (o di un governatore) avente forza di legge[x], è numerato sequenzialmente, prodotto nella forma di un testo firmato dal Presidente e pubblicato, insieme a proclamazioni e alcuni tipi di ordini amministrativi, nel Federal Register, la gazzetta ufficiale del governo federale. Gli EOs sono poi catalogati dai National Archives.
In quanto dotati di forza di legge, gli ordini esecutivi (e le proclamazioni) sono codificati nel Titolo III del Code of Federal Regulations, il quale raccoglie in una collezione formale tutti i regolamenti dell’esecutivo e delle altre agenzie federali.
Questi ordini non sono considerati, nel contesto dottrinale americano, una forma di legislazione, in ragione del fatto che non è richiesto alcun consenso del Congresso per la loro introduzione e, per di più, non è concesso all’organo legislativo di privarli di efficacia.[xi]
L’autorità per emanarli può derivare da uno statuto – nel sistema americano, l’equivalente della legge ordinaria – ovvero direttamente dalla Costituzione. Tradizionalmente, il loro uso risultava limitato a materie amministrative interne all’operazione del potere esecutivo e delle altre agenzie federali. Peraltro, le amministrazioni più recenti hanno visto un uso sempre più ampio dello strumento al fine di implementare elementi di policy di stampo marcatamente politico.[xii] Ne è un clamoroso esempio l’ordine esecutivo n. 14257 del 2 aprile 2025, con il quale l’attuale Presidente ha imposto dazi “reciproci” nei confronti un numero impressionante di paesi, con picchi fino al 49%.[xiii]
L'impianto costituzionale americano: separazione dei poteri...
La realtà storica evidenzia il ruolo cruciale che gli executive orders hanno svolto e svolgono nella vita politica degli Stati Uniti d’America. Per questo è importante affrontare analiticamente la struttura costituzionale nella quale si inserisce l’EO e del quale è contesto essenziale, e in particolare i poteri del Presidente americano in riferimento all’altro organo capace di imporre scelte politiche, il Congresso. Per questioni di brevità, non si affronteranno direttamente i poteri e la rilevanza pratica del controllo di legittimità esercitato dalle corti e, in ultima istanza, dalla Corte Suprema.
La Costituzione americana dedica i suoi primi tre articoli all’ordinamento istituzionale dello Stato federale e disciplina, rispettivamente: il Congresso con il primo articolo, il Presidente – e, più in generale, il potere esecutivo – nel secondo e il potere giudiziario nel terzo. Queste tre disposizioni si aprono con formulazioni estremamente simili (di cui si riportano esclusivamente quelle contenute negli gli artt. I e II):
“All legislative Powers herein granted shall be vested in a Congress of the United States […]”[xiv]
“The executive Power shall be vested in a President of the United States of America […]”[xv]
A queste vaghe dichiarazioni di principio i rispettivi articoli fanno seguire alcuni specifici poteri conferiti al Congresso e al Presidente. Esempio di ciò è la § 8 dell’art. I, che presenta un approfondito elenco (18 “clauses”) di oggetti propri del e riservati all’agire congressuale, che variano dal potere di imporre tributi[xvi] alla promozione delle scienze e delle “arti utili”[xvii], e si chiude con una clausola generale che attribuisce al Congresso il potere di emanare tutte le leggi necessarie e appropriate per l’esecuzione dei poteri di cui il governo degli Stati Uniti è destinatario costituzionale (cd. “necessary and proper clause”).[xviii]
Al Presidente, invece, sono concessi dall’art. 2 – seppur con enucleazione più ristretta – la posizione di comandante in capo delle forze armate e il potere di grazia, salvo per i casi di impeachment.[xix] Ancora, gli è conferito il potere di convenire le camere ed è tenuto ad eseguire fedelmente le leggi. Il Presidente è poi destinatario di un potere di nomina dei giudici della Corte Suprema, degli ambasciatori e altri “officers” degli Stati Uniti.
E "checks and balances"
Nei citati articoli emerge anche, oltre alla sopra rappresentata separazione dei poteri, il sistema dei cd. “checks and balances”, ossia la compenetrazione delle competenze, che, dove la separazione dei poteri li spinge all’esercizio disgiunto, obbliga gli organi dello Stato americano alla collaborazione.
Infatti, molti dei poteri che preliminarmente i “Framers” sembrerebbero aver inteso attribuire ad un singolo organo soffrono i controlli degli altri poteri. In primis, il potere legislativo del Congresso, che vede l’incursione del Presidente in due momenti:
(i) L’iniziativa legislativa[xx]
(ii) Il potere di veto[xxi]
Mentre la prima gioca un ruolo limitato, non essendo questa attribuzione esclusiva del Presidente, la seconda è sicuramente quella più rilevante: anche se non titolare di potestà legislativa, il Presidente è legittimato da un testo costituzionale chiaro a impedire che venga emanata una legge che egli non ritenga di approvare. Questa decisione non è, tuttavia, definitiva, in quanto al Congresso è permesso il riesame della norma, che potrà essere emanata qualora le camere la approvino con una maggioranza dei due terzi. In quest’ultimo caso, la legge torna sul Resolute desk e, ove il Presidente nuovamente trattenga la propria sottoscrizione, l’atto diventa legge trascorsi dieci giorni.[xxii]
In maniera speculare, ciò che con una mano la Costituzione concede al Presidente, in tema di poteri, con l’altra limita. Anzitutto, nella scelta del proprio esecutivo (“cabinet”), e, in generale, nella nomina di funzionari, il suo potere decisorio è circoscritto dalla necessità imposta dai costituenti che il Senato dia il proprio consenso[xxiii]. Questo passaggio, all’apparenza semplice, presto si trasfigura in uno Scilla e Cariddi dalle conseguenze pratiche di grande rilievo. Si veda, a tal proposito, quanto avvenuto nel febbraio del 2016, quando, dopo la morte del giudice Antonin Scalia, Obama nominò l’allora “chief judge” della Corte d’Appello per il Distretto di Columbia (cd. “little Supreme Court” in ragione dell’insolitamente alto numero di giudici della Corte Suprema che vi hanno prestato servizio prima della nomina alla Suprema Corte) Merrick Garland per il posto vacante. Tuttavia, ancora prima che la nomina fosse annunciata, il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, dichiarò pubblicamente che non avrebbe permesso ad alcuna nomina del Presidente Obama di superare il Senato, in ragione, a detta del senatore, dell’elezione presidenziale che si sarebbe tenuta quell’anno.[xxiv] Ancora, quando una situazione sostanzialmente sovrapponibile si ripresentò nel settembre 2020, a causa della morte della giudice Ruth Bader Ginzburg, la maggioranza repubblicana del Senato ritenne di confermare, una settimana prima delle elezioni presidenziali, la nomina portata avanti dal Presidente Trump.[xxv]
In aggiunta, mentre il controllo dell’apparato militare statunitense compete al Presidente,[xxvi] un lettore attento potrà ritrovare, nella espansiva elencazione delle specifiche competenze legislative del Congresso, l’attribuzione allo stesso sia del potere di dichiarare guerra, che di quello di creare e supportare eserciti e provvedere a mantenere la marina.[xxvii] Ergo, anche se a dirigere le operazioni concrete del più potente esercito del mondo è il Presidente, egli ne può indirizzare la forza distruttiva esclusivamente verso gli obbiettivi individuati dal Congresso e potrà impiegare esclusivamente quei fondi che il Congresso vorrà destinargli, indipendentemente dal fatto che questi siano sufficienti.
Infine, un fondamentale limite all’organo esecutivo degli Stati Uniti è il cd. “power of the purse”, ossia il potere di imporre tributi e spendere il denaro pubblico, conferito esclusivamente al Congresso, dall’art. I, rispettivamente § 7, cl. 1 e § 9, cl. 7 della Costituzione.[xxviii] Questa doppia riserva di legge ha la conseguenza pratica che, ove il Congresso non conceda al Presidente le disponibilità economiche necessarie affinché egli implementi le proprie politiche e dia esecuzione alle leggi, egli non potrà procurarsi fondi in altra maniera e rimarrà, sostanzialmente, incapace di operare.
Executive orders e limiti al potere esecutivo
La formulazione testuale dell’art. II della Costituzione americana lascia però l’interprete largamente incerto sui reali confini del potere del Presidente nell’agire esecutivo: cosa vuol dire, nel caso pratico, “dare esecuzione alle leggi”? Quand’è che il contenuto di un ordine esecutivo eccede le competenze dell’organo che lo emette, usurpando prerogative che i costituenti avevano rimesso ad altri soggetti e, in particolare, al Congresso?
Ad un estremo di questo dibattito si pongono le posizioni molto espansive dei presidenti Theodore Roosevelt e Taft, che ritenevano concessa al Presidente ogni azione necessaria per il bene della nazione, salvo che fosse in contrasto con la Costituzione o con un atto del Congresso. Questa teoria sarà poi sostenuta da Taft, nella sua veste di Presidente della Corte Suprema, nella decisione Myers v. United States 272 US 52 (1926).[xxix]
La Corte Suprema, nel 1952, adotta però una posizione più moderata, in quella che rimane una decisione di grande importanza nel panorama del diritto costituzionale americano: Youngstown Sheet & Tube co. v. Sawyer 343 US 579 (1952), cd. “Steel Seizure Case”.
Nel caso di specie, la Corte era investita di una questione riguardante la legittimità di un ordine esecutivo (EO n. 10340) emesso dal Presidente Truman, mediante il quale egli aveva disposto il sequestro di buona parte degli impianti siderurgici del paese al fine di impedire lo sciopero minacciato dai sindacati, che avrebbe pregiudicato lo sforzo bellico in Corea. Le compagnie proprietarie degli impianti si opposero subito all’azione del governo, facendogli causa. La Corte di prima istanza emise un provvedimento cautelare ordinando al Segretario del Commercio di non dare esecuzione a quanto previsto dall’ordine esecutivo. La Corte di appello, il giorno stesso, sospese l’efficacia del provvedimento cautelare e la Corte Suprema si fece carico della questione quattro giorni dopo, decidendo in favore delle compagnie e invalidando l’EO.
Il ragionamento del giudice Black, nel presentare le motivazioni della Corte, si apre con un enunciato categorico: “The President’s power, if any, must stem either from an act of Congress or the Constitution itself”. Avendo quindi affermato che gli atti del Presidente devono derivare la propria legittimazione da un testo normativo, la Corte si pone alla ricerca di tale fondamento normativo. La possibilità che la base sia da rinvenire nella legislazione del Congresso è esclusa velocemente, posto che nessuna legge attribuisce il potere di sequestro al Presidente e, per di più, una proposta in tal senso (un emendamento al Taft-Hartley Act) era stata considerata e respinta dal Congresso nel 1947.
Più articolata è invece la disamina di un possibile fondamento costituzionale dell’ordine. Le ragioni dell’esecutivo sottoposte alla Corte erano individuate in tre frasi, ricavate dall’art. II della Costituzione, in particolare:
(i) “The executive Power shall be vested in a President”
(ii) “He shall take care that the laws be faithfully executed”
(iii) “Shall be commander in chief of the Army and Navy of the United States”
Il terzo argomento è escluso in principio: la Corte non ritiene che i poteri del Presidente in caso di guerra si estendano alla presa di possesso di mezzi produttivi privati al fine di impedire uno sciopero. Il primo e il secondo punto, invece, sono rifiutati in quanto, preso atto che dare esecuzione alle leggi di per sé esclude una funzione legislativa, il testo dell’ordine esecutivo assomiglia, per forma e contenuto, ad un atto legislativo.
Un possibile "framework"
Mentre l’opinione della Corte si attiene sobriamente al caso concreto, nella sua opinione concorrente, il giudice Jackson propone un’impostazione teorica che permetta di meglio identificare l’ampiezza del potere che la Costituzione infonde nel Presidente.
Per fare ciò, il giudice identifica tre fattispecie che possono verificarsi nella pratica del governo:
(i) Quando il Presidente agisce dietro autorizzazione del Congresso.
(ii) Quando agisce nel silenzio del Congresso
(iii) Quando agisce contro la volontà del Congresso.
Nel primo caso, l’autorità del Presidente è massima, poiché questi si muove traendo legittimazione e dai poteri direttamente attribuitigli dalla Costituzione e dall’autorità che il Congresso ha ritenuto – espressamente o implicitamente – appropriato concedergli. Talmente ampia è qui la sua autorità che Jackson si spinge ad affermare: “[he] may be said to personify the federal sovereignty”.
La seconda fattispecie viene ad esistenza quando, in ragione dell’inerzia, indifferenza o quiescenza del Congresso, il Presidente agisce senza aver né specifica autorizzazione, né diniego, cosicché la sua autorità dipenda esclusivamente da quei poteri indipendenti che competono al suo ufficio e che, in alcune situazioni, possono concorrere con quelli congressuali, ovvero la cui distribuzione risulta incerta. A detta del giudice Jackson, in tali evenienze le valutazioni circa il corretto riparto di competenze dipenderanno maggiormente dagli eventi storici e da elementi contingenti, rimanendo meno rilevanti astratte teorie giuridiche.
Infine, è possibile che il Presidente adotti misure incompatibili con il volere del potere legislativo e, in tal caso, il suo potere sarà “at its lowest ebb”, ossia ridotto ai minimi termini, in quanto l’azione esecutiva potrà fondarsi esclusivamente sui poteri costituzionali del Presidente a cui devono essere però sottratti quelli che, sulla materia, spettano al Congresso. Ed in questo caso il giudice Jackson raccomanda il massimo scrutinio, perché la posta in gioco è l’equilibrio determinato dal sistema costituzionale. Le Corti non potrebbero infatti dichiarare l’esclusiva presidenziale senza, al contempo, quantomeno implicitamente, proclamare definitivamente la mancanza di competenza del Congresso.
E nel caso di specie la Corte, nell’opinione del giudice concorrente, si trova di fronte ad un esempio della terza ipotesi, potendo quindi sostenere la competenza del Presidente a sequestrare le industrie in procinto di scioperare solo ove escludesse che tale autorità spetti, sia solamente che in concorso con quella dell’esecutivo, al Congresso. A tale quesito il giudice Jackson dà risposta negativa.
Conclusioni
Un osservatore attento della storia americana non potrà che rendersi conto della fondamentale importanza amministrativa, politica e giuridica dell’ordine esecutivo come strumento di esplicazione della volontà, dell’autorità e, fondamentalmente, del potere del Presidente degli Stati Uniti, quale rappresentante unitario del potere esecutivo.
E questa importanza, ricalcando una tendenza che travalica confini e oceani, va solo che rafforzandosi sia in una dimensione sia quantitativa che qualitativa. Basti pensare che nella manciata di giorni (13) tra l’inizio e la conclusione della stesura del presente articolo, il conto degli ordini esecutivi emessi dal Presidente è aumentato di 13, uno per ogni giorno.
È quindi di preminente rilievo continuare ad affrontare il tema della separazione dei poteri nel sistema costituzionale americano (ma non solo), nelle sue manifestazioni contemporanee e storiche, e nella giurisprudenza della Corte Suprema e nella prassi esecutiva, in quanto, per riprendere le chiare parole del giudice Jackson:
“[M]en have discovered no technique for long preserving free government except that the Executive be under the law, and that the law be made by parliamentary deliberations”.
[i] 20 gennaio 2025 – 4 aprile 2025
[ii] Federal Register, Predisdential documents, Executive orders, https://www.federalregister.gov/presidential-documents/executive-orders
[iii] Ibidem
[iv] Ibidem
[v] 90 FR 8361, https://www.federalregister.gov/documents/2025/01/29/2025-01957/withdrawing-the-united-states-from-the-world-health-organization
[vi] 90 FR 8441 https://www.federalregister.gov/documents/2025/01/29/2025-02005/establishing-and-implementing-the-presidents-department-of-government-efficiency
[vii] Exec. Ord. 14160, §2(a)(1)
[ix] Exec. Ord. 14160, §1
[x] Legal Information Institute, Cornell Law School, “executive order” https://www.law.cornell.edu/wex/executive_order
[xi] Legal Information Institute, Cornell Law School, “executive order” https://www.law.cornell.edu/wex/executive_order
[xii] Bureau of Justice Assistance, US Department of Justice, https://bja.ojp.gov/program/it/privacy-civil-liberties/authorities/executive-orders#12333
[xiii] Exec. Ord. 14257, § 2 e Annex I
[xiv] U.S. Const. art. I, § 1
[xv] U.S. Const. art. II, § 1
[xvi] U.S. Const. art. I, § 8, cl. 1
[xvii] Ibidem, cl. 8
[xviii] Ibidem, cl. 18
[xix] U.S. Const. art. II, § 2
[xx] U.S. Const. art. II, § 3
[xxi] U.S. Const. art. I, § 7
[xxii] Ibidem
[xxiii] U.S. Const. art. II, § 2
[xxiv] NPR, What Happened With Merrick Garland In 2016 And Why It Matters Now, https://www.npr.org/2018/06/29/624467256/what-happened-with-merrick-garland-in-2016-and-why-it-matters-now
[xxv] NPR, Amy Coney Barrett Confirmed To Supreme Court, Takes Constitutional Oath https://www.npr.org/2020/10/26/927640619/senate-confirms-amy-coney-barrett-to-the-supreme-court
[xxvi] U.S. Const. art. II, § 2
[xxvii] U.S. Const. art. I, § 8, clauses 11, 12 e 13 rispettivamente
[xxviii] History, Art & Archives, House of Rappresentative, https://history.house.gov/Institution/Origins-Development/Power-of-the-Purse/#:~:text=%E2%80%94%20U.S.%20Constitution%2C%20Article%20I%2C%20section%209%2C%20clause%207&text=Congress%E2%80%94and%20in%20particular%2C%20the,money%20for%20the%20national%20government
[xxix] Calvin Massey, Branno P. Denning, , Branno P. Denning, American Constitutional Law, New York, 2019, p. 335
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