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Antitrust e politica: lo scontro tra Harris e Trump per il futuro dell’economia americana

Articolo a cura di Carlotta Francescon

Revisione a cura di Carlo Matarazzo



Il ruolo dell’antitrust nel dibattito presidenziale

Le normative antitrust sono molto più che semplici regole economiche: possono diventare potenti strumenti politici, capaci di plasmare il futuro di interi settori e, con essi, di intere società. La sfida che i governi devono affrontare è trovare il giusto equilibrio tra due visioni opposte: da un lato, la libertà economica, che lascia il mercato libero di autoregolarsi con una regolamentazione minima, favorendo innovazione e crescita senza troppi vincoli; dall’altro, la necessità di proteggere i consumatori e le piccole imprese, attraverso misure antimonopolistiche molto più rigorose, per contrastare la concentrazione di potere nelle mani di pochi giganti.

 

Il 5 novembre si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, un evento cruciale che da luglio ha assunto un nuovo volto con il ritiro di Joe Biden e la candidatura di Kamala Harris come rappresentante del Partito Democratico. Da quel momento, i due sfidanti alla presidenza, Harris e Trump, si sono scontrati su numerosi temi, in una campagna elettorale che tiene con il fiato sospeso non solo gli americani, ma anche il resto del mondo.

 

Durante l’unico dibattito che ha visto scontrarsi faccia a faccia i due candidati, il 10 settembre, numerosi sono stati i temi affrontati: aborto, immigrazione, politica estera e l’attacco al Campidoglio.

Uno dei temi centrali e più delicati del dibattito sono state proprio le politiche economiche, che hanno profondamente influenzato le strategie dei candidati e saranno fondamentali per le scelte degli elettori.

I temi fondamentali in tema politica economica sono la crescita del benessere, il debito pubblico, la tassazione e la spesa sociale. A differenza delle elezioni del 2020, queste sembrano avere ancora più punti di criticità: l’inflazione, la disuguaglianza, l’innovazione tecnologica e sul piano affari esteri lo scontro tra Israele/Palestina e Ucraina /Russia.

 

In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, le scelte economiche degli Stati Uniti, uno dei principali motori dell'economia mondiale, influenzano non solo il benessere interno, ma anche quello di molti altri Paesi.


La regolamentazione americana in tema di Antitrust

 Un ruolo cruciale in queste elezioni sarà svolto dalla Competition Law, poiché i candidati dovranno impegnarsi a garantire il corretto funzionamento del mercato e la tutela dei consumatori, con l'obiettivo di mantenere prezzi competitivi e assicurare un’elevata qualità dei prodotti offerti. Questo aspetto assume particolare rilevanza in un contesto in cui gli americani stanno affrontando gli effetti dell’inflazione, che sta erodendo il potere d'acquisto e aggravando il costo della vita. Una solida politica di concorrenza può aiutare a contrastare gli abusi di mercato, prevenendo l'aumento ingiustificato dei prezzi e favorendo una maggiore equità economica.

 

Le proposte economiche di Kamala Harris e Donald Trump riflettono visioni diametralmente opposte: Harris punta su un aumento della spesa pubblica per finanziare una migliore istruzione, garantire assistenza sanitaria e infrastrutture verdi. In questo modo lei vorrebbe incentivare la crescita a lungo termine attraverso investimenti pubblici, andando però a tassare la ricchezza e le grandi imprese.

Trump invece privilegia una politica di tagli fiscali volti a favorire l’iniziativa privata. Questa sua politica volta a promuovere una crescita a breve termine e una maggiore libertà di mercato che rischia, tuttavia, di ampliare le disuguaglianze sociale e aumentare il debito pubblico.

 

Un tema fondamentale da tenere in considerazione, quando si parla di normativa antimonopolio, è il movimento chiamato Hipster Antitrust, il quale pone un nuovo accento sulla struttura e sul processo della competizione, mettendo sulla bilancia anche i diritti, quali l’uguaglianza, la democrazia e la sostenibilità.

Il movimento Brandeis nasce dalle idee del Giudice Louis Brandeis, in carica alla Corte Suprema tra il 1916 e il 1939. Questa corrente di pensiero sostiene che l’antimonopolio sia uno strumento per garantire la democrazia; se il mercato fosse “abitato” solo da grandi privati in grado di detenere un potere enorme non vi sarebbe più la possibilità di un mercato libero in grado di garantire una concorrenza corretta. Il pericolo secondo Brandeis era anche che vi fosse una sopraffazione dei privati sullo Stato.


“Le grandi corporazioni esercitano un'influenza eccessiva sui processi e i risultati politici, sia attraverso il lobbying, il finanziamento delle elezioni, l'occupazione di posizioni governative, il finanziamento della ricerca o l'importanza sistemica che possono sfruttare. Usano queste strategie per ottenere politiche favorevoli, consolidando ulteriormente il loro dominio." sostiene Lina Khan, apertamente schierata come appartenente alla corrente New Brandeis, presidente della Federal Trade Commission.


Insieme a Lina Khan, anche Tim Wu, assistente speciale del presidente per la politica tecnologica e la concorrenza, appartiene alla corrente New Brandeis. Entrambi, considerati due figure fondamentali per l’amministrazione Biden, hanno comportato una più stretta regolamentazione nei confronti dei grandi monopoli che controllano importanti settori dell’economia statunitense come big tech, farmaceutica, telecomunicazioni e industria automobilistica, per fare solo alcuni esempi.


In questo contesto, diversi progetti di legge stanno avanzando nel Congresso degli Stati Uniti con l'obiettivo di rafforzare il controllo sulla concorrenza, soprattutto in relazione ai giganti della tecnologia come Amazon, Google, Facebook e Apple. Queste proposte legislative mirano a limitare il potere di mercato delle grandi piattaforme digitali, le quali sono state accusate di monopolizzare settori chiave, soffocare la concorrenza e danneggiare i consumatori e le piccole imprese.

Cinque sono stati i progetti legge presentati al Congresso nel 2021 con alcune mission importanti:

  • una restrizione delle fusioni e acquisizioni che si propone di bloccare o limitare da parte dei giganti tecnologici, in particolare quelle che potrebbero ridurre la concorrenza o portare al controllo di mercati essenziali;

  • la separazione strutturale delle piattaforme per evitare che possano favorire i propri prodotti o servizi a scapito dei concorrenti;

  • una maggior trasparenza che prevede regole più stringenti per garantire che le piattaforme siano trasparenti nel modo in cui gestiscono i dati e le informazioni, proteggendo così la privacy degli utenti;

  • la creazione di un ambiente in cui le piccole e medie imprese possano competere più equamente con i giganti della tecnologia, evitando pratiche scorrette come il predatory pricing.


Lo Sherman Act è ancora oggi la fonte normativa a cui si fa riferimento nelle grandi sentenze contro i colossi americani che governano gran parte dell’economia per condannarli al pagamento di onerosissime multe.

Questo perché lo Sherman Act è stato concepito nel 1890 come un “assegno in bianco” per proteggere le grandi imprese dalle pratiche aggressive delle grandi corporazioni: era quindi una risorsa per proteggere i piccoli imprenditori che rischiavano di essere schiacciati. Lo Sherman Act è composto da due sezioni, che enunciano rispettivamente:

  • Sherman Act, §1

    Every contract, combination in the form of trust or otherwise, or conspiracy, in restraint of trade or commerce among the several States, or with foreign nations, is declared to be illegal

  • Sherman Act, §2

    Every person who shall monopolize, or attempt to monopolize, or combine or conspire with any other person or persons, to monopolize any part of the trade or commerce among the several States, or with foreign nations, shall be deemed guilty of a felony

 

In pratica, lo Sherman Act combina due dimensioni diverse per la tutela della concorrenza: da un lato, le violazioni antitrust sono punite come reati, il che implica sanzioni severe, tra cui pene detentive, multe significative e altre misure repressive da parte dello Stato; dall’altro, queste violazioni possono anche essere affrontate come illeciti civili in cause private, consentendo alle vittime di comportamenti anticoncorrenziali di fare causa per il recupero dei danni subiti e ottenere un risarcimento pari al triplo dei danni effettivamente provati, come deterrente aggiuntivo per le imprese che violano le leggi antitrust.

Le violazioni antitrust sono considerate crimini, perseguibili dalle autorità pubbliche di controllo, come la Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia (DOJ) e la Federal Trade Commission (FTC).


L’ FCT è composta da cinque commissari che rimangono in carica per 7 anni, nominati dal Presidente e confermati dal Senato. Non più di tre commissari possono appartenere allo stesso partito politico. Il presidente è inoltre chiamato a scegliere il Commissario a capo della delegazione. Il 22 marzo 2021, il presidente Joe Biden ha annunciato che avrebbe nominato Khan commissario della Federal Trade Commission. Il 15 giugno 2021, la sua nomina è stata confermata dal Senato con 69 voti a favore contro 28.

 

Tuttavia, tali violazioni costituiscono anche illeciti civili, perseguibili attraverso cause private, in cui è possibile richiedere il risarcimento danni triplo.

Un caso esemplare, che sicuramente verrà utilizzato come precedente, è U.S. and Plaintiff States v. Google LLC [2023]. Google è stata accusata di detenere potere monopolistico nei mercati della "ricerca generale" e della "pubblicità di testo nelle ricerche generali", violando la Sezione 2 del Sherman Act stipulando accordi di esclusiva con alcuni produttori di apparecchiature (ad esempio, Apple, Samsung, Verizon e altri), che hanno reso Google il motore di ricerca predefinito esclusivo su smartphone e browser web. 

Questa sentenza è senza dubbio frutto di un cambio di rotta in termini antitrust che sicuramente avrà delle ripercussioni per quella che è la tutela dell’efficienza dei mercati.


Il pugno di ferro di Lina Khan: come la FTC sfida le Big Tech

Una persona che ricopre un ruolo fondamentale nelle tematiche affrontate è Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission e figlia della corrente Hipster Antitrust. Khan ha adottato un approccio molto aggressivo nei confronti di alcune delle più grandi società del mondo, in particolare quelle del settore tecnologico, cercando di limitare la loro capacità di soffocare la concorrenza e consolidare il potere economico.

La Khan ha da sempre espresso una posizione molto forte: «The decline in competition is so consistent across markets that excessive concentration and undue market power now look to be not an isolated issue but rather a systemic feature of America’s political economy».

 

Tra le azioni portate avanti dalla Commissione recentemente è da menzionare la causa contro Amazon per pratiche anticompetitive e il blocco dell'acquisizione di Arm da parte di Nvidia. Ma la sua azione non si è vista solo nei confronti delle big tech ma anche nei confronti dell’industria farmaceutica, della comunicazione e agricola.

 

La presidente Lina Khan sostiene che sia essenziale garantire che i mercati rimangano aperti, equi e competitivi. Purtroppo, spesso gli intermediari dominanti bloccano l'accesso ai mercati, costringendo i concorrenti più piccoli a dipendere dai "capricci arbitrari dei giganti esistenti". Questi colossi possono imporre tariffe esorbitanti ai nuovi entranti, oscurare o penalizzare le app concorrenti, o copiare le idee delle startup e promuovere i propri prodotti a loro vantaggio.

 

Khan ha sottolineato che la storia dimostra come l'applicazione delle leggi antitrust e una forte politica di concorrenza siano fondamentali per promuovere l'innovazione. La concorrenza leale, e non i "guardiani monopolistici" che agiscono come regolatori privati, dovrebbe determinare i risultati del mercato.


Kamala Harris: tra diritti civili e big tech

Kamala Harris, ex procuratrice generale della California ed attuale vicepresidente nell'amministrazione Biden, ha una formazione che combina un forte impegno per i diritti civili e sociali, ma presenta una certa ambiguità riguardo alle sue posizioni economiche.

 

Harris ha ricevuto il sostegno di numerosi importanti esponenti del mondo economico, che hanno finanziato in modo significativo la sua corsa alla Casa Bianca. Tra questi, l'ex CEO di Alphabet Eric Schmidt, che ha donato circa 2,7 milioni di dollari; Dustin Moskovitz, cofondatore di Meta Platforms, con circa 930.000 dollari; e Laurene Powell Jobs, ex moglie di Steve Jobs e fondatrice di Emerson Collective, che ha contribuito con 929.000 dollari. Un altro donatore rilevante è Harry Laufer, vicepresidente di Renaissance Technologies, che ha versato 2,18 milioni di dollari a supporto della campagna di Harris.

 

Durante i dibattiti contro Donald Trump, le sue opinioni in materia di antitrust non sono state affrontate in maniera approfondita. Di recente, il miliardario Mark Cuban, uno dei suoi grandi sostenitori, ha auspicato un cambio di approccio da parte sua, con particolare riferimento a una possibile sostituzione di Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission (FTC). Anche altri importanti finanziatori di Harris, come il cofondatore di LinkedIn Reid Hoffman e il presidente di Expedia Barry Diller, hanno espresso la loro preferenza per un cambio ai vertici della FTC.

 

Inoltre, sembra che Harris abbia avuto un incontro riservato a giugno con Ryan McInerney, CEO di Visa, un incontro significativo in quanto proprio a settembre la FTC ha avviato un'indagine nei confronti di Visa. Questa circostanza solleva interrogativi sulla sua posizione in merito ai giganti della tecnologia e della finanza. Un ulteriore elemento di ambiguità è il fatto che la preparazione di Harris per i dibattiti sia stata affidata a Karen Dunn, un'avvocata che rappresenta Google nella causa antitrust intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Harris si trova così in una posizione difficile, dovendo conciliare il sostegno dei grandi finanziatori con le pressioni della sinistra del Partito Democratico, che ha sostenuto il lavoro di Lina Khan. Un esempio significativo è la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, la quale ha dichiarato che una sostituzione di Khan sarebbe una scelta sbagliata per milioni di americani.

 

Sebbene Harris abbia affrontato alcuni temi economici di rilievo, la sua figura è rimasta principalmente associata alla giustizia sociale e alle riforme per l'inclusione, piuttosto che a una chiara agenda economica.


Trump e l'Antitrust: ambiguità, attacchi ed alleanze inaspettate

È difficile comprendere quale sia effettivamente la posizione di Trump: nel 2016 Trump si era dichiarato contro le grandi multinazionali che “invadono” lo scenario americano: «It’s a global power structure, that is responsible for the economic decisions that have robbed our working class, stripped our country of its wealth, and put that money into the pockets of a handful of large corporations and political entities.»

 

Un esempio concreto ce l’abbiamo nello scontro tra l’ex presidente e Jeff Bezos, CEO di Amazon: "Amazon la sta facendo franca con le tasse," disse Trump. "Sta usando il Washington Post per ottenere potere, così i politici a Washington non tassano Amazon come dovrebbero."

 

Ma Trump non si limitò ad attaccare solo Amazon. Nell'ottobre del 2016, infatti, AT&T annunciò che avrebbe acquistato Time Warner, dichiarazione che portò Trump a criticare duramente l'accordo, attaccandolo in diversi discorsi, prima ancora che Bernie Sanders pubblicasse un comunicato stampa.

Trump dichiarò successivamente che avrebbe smantellato l'acquisizione di NBC da parte di Comcast nel 2011, sostenendo che "concentra troppo potere in un'unica entità gigantesca che cerca di dire agli elettori cosa pensare e cosa fare."

Il suo comportamento era così ostile alle grandi aziende che il Wall Street Journal creò un "indice dei bersagli di Trump" per monitorare le azioni delle aziende che attiravano la sua ira.

 

Trump ha ripreso il movimento anti-monopolio e l'ha usato per i suoi scopi. Ad esempio, ha mantenuto la sua promessa elettorale portando avanti una sfida alla fusione AT&T-Time Warner. Inoltre, nonostante non abbia agito contro il monopolio di Amazon, ha avviato cause contro Google e Facebook, che hanno costituito i primi casi contro le Big Tech. La sua amministrazione ha anche bloccato il lancio di Libra, la valuta di Facebook, e ha annullato il gigantesco contratto cloud di Amazon con il Pentagono. Infine, ha anche introdotto regole contro i gestori di benefici farmaceutici e ha obbligato gli ospedali a rendere pubbliche le loro liste dei prezzi.

Seppur la politica di Trump possa essersi senz’altro articolata in maniera antimonopolistica, si è comunque ravvisata una maggiore concentrazione del mercato americano nelle mani di grandi aziende. Infatti, la maggior parte delle fusioni è andata avanti senza ostacoli, come quelle tra CVS e Aetna nel settore sanitario, Disney e Fox nello streaming, Linde e Praxair nel gas industriale, e la fusione Northrop-Orbital, che ha messo una sola azienda a capo del nostro arsenale nucleare.

 

Con il passaggio di testimone tra l’amministrazione Trump a quella di Biden non sembra essere cambiato così tanto. Infatti, importanti commissari di quest’ultimo sono stati dichiarati trumpiani: il Wall Street Journal ha criticato apertamente Khan definendola "trumpiana" per il suo cambio di rotta alla FTC.


Nonostante una certa costanza per quanto riguarda le sue politiche antimonopolistiche, Trump rimane imprevedibile; a giugno ha partecipato alla riunione della Bussiness Roundtable, la più importante lobby americana, in grado di cambiare notevolmente la direzione politica economica del paese. A partecipare vi erano i 200 CEOs più importanti al mondo, di cui molti a capo dei grandi colossi indagati da parte della FCT.

 

Su un’altra posizione sembra porsi la scelta di J.D. Vance come suo vice.

Prima di entrare in politica, il senatore J.D. Vance ha lavorato nel settore tecnologico ed è stato uno dei principali membri di Mithril Capital, una società di venture capital. Vance ha dichiarato che la sua esperienza nella Silicon Valley ha influenzato la sua visione delle politiche antitrust. Ha notato che, intorno al 2015, molte start-up nel settore AdTech, nonostante la loro rapida crescita, erano considerate "aziende morte". La ragione, secondo Vance, era che operavano in un mercato fondamentalmente non competitivo, dominato da grandi attori, il che danneggiava l'innovazione. Vance ha affermato: “Vogliamo innovazione e competizione, ed è impossibile avere una senza l'altra.”

 

J.D. Vance sembra avere idee molto chiare su quali politiche antimonopolistiche andrebbero adottate. Noto per le sue posizioni conservatrici ma spesso critiche verso il grande capitale, si è espresso in più occasioni in favore di una regolamentazione più rigida nei confronti delle grandi aziende tecnologiche e delle altre multinazionali che esercitano un'influenza sproporzionata sull'economia e sulla società americana. Le politiche di Vance, simili a quelle di Khan, suggeriscono un’inversione di tendenza rispetto all’approccio più laissez-faire che ha caratterizzato le politiche antitrust negli ultimi decenni. In particolare, sembra voler contrastare quelle che lui definisce "forzature" del mercato, ovvero pratiche aziendali che soffocano l'innovazione e limitano le opportunità per le imprese emergenti e i piccoli imprenditori.

 

Questo mette Vance in una posizione interessante, poiché lo distingue da molti altri membri del Partito Repubblicano, tradizionalmente più favorevoli a politiche di deregolamentazione. Tuttavia, la sua visione potrebbe rappresentare una nuova corrente all'interno del partito, più attenta alle problematiche legate al monopolio e alle disuguaglianze economiche causate dall’eccessivo potere di alcune grandi aziende. Sarà interessante osservare come queste posizioni, potenzialmente in contrasto con quelle più ambigue di Trump, si evolveranno in caso di vittoria elettorale.

Per questo motivo, Vance ritiene che Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission (FTC), stia svolgendo un buon lavoro.

Vance ha sottolineato che i giganti come Google e Facebook hanno un vantaggio quasi insormontabile grazie agli effetti di rete. A causa di ciò, ha affermato che c'è una forte argomentazione a favore della separazione dei diversi settori di mercato posseduti da queste grandi aziende, e che l'antitrust può offrire soluzioni a questo problema. Inoltre, ha sostenuto che Google e Facebook hanno distorto il processo politico, nascondendo informazioni importanti al pubblico. Alcuni, che altrimenti sarebbero d'accordo con lui sulla politica della concorrenza, tendono a essere favorevoli alla censura, cosa che lui non condivide. Ha dichiarato che si dovrebbe essere più assertivi nello "spezzare" alcuni dei grandi attori tecnologici esistenti, ma ha anche riconosciuto che ci sono ostacoli a questo processo, per cui sono necessari nuovi concorrenti.


Chi guiderà il futuro dell'economia americana?

Capire cosa accadrà in tema di concorrenza una volta che Trump o Harris entreranno effettivamente alla Casa Bianca è difficile da delineare. Numerosi interrogativi rimangono aperti: dalla regolamentazione delle grandi piattaforme tecnologiche, al ruolo che si vorrà attribuire ai consumatori; dalla crescente concentrazione del mercato, al ruolo che il governo e gli enti regolatori potranno assumere nella tutela della concorrenza.

Il futuro delle politiche antitrust e della concorrenza negli Stati Uniti dipenderà in gran parte dalle priorità che la nuova amministrazione sceglierà di perseguire.



BIBLIOGRAFIA:


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